E se la cicogna… non arriva?

PMA

di Rosalinda Leo

La procreazione medicalmente assistita (PMA), più comunemente detta fecondazione assistita, costituisce l’insieme di tutte le tecniche che supportano il concepimento. Si tratta di un problema sempre più attuale. Basti pensare che anche per una coppia sana e fertile con meno di 35 anni, che ha rapporti nel periodo di ovulazione, le probabilità di gravidanza non sono altissime: si aggirano intorno al 25%.

Capita infatti spesso che i genitori raccontano ai figli che proprio quando stavano perdendo la speranza la notizia tanto attesa è arrivata. Purtroppo però, per alcune coppie, anche facendo tutti i calcoli necessari la cicogna non arriva. Si parla di infertilità quando dopo 12-24 mesi di rapporti non protetti, la gravidanza desiderata non si presenta. Secondo l’organizzazione Mondiale della Sanità circa il 15% della popolazione è interessata da questo fenomeno. Non per questo però bisogna arrendersi: la scienza ci mette a disposizione una serie di tecniche mediche che non sono ancora molto conosciute ma danno reali possibilità di realizzare il sogno di molte coppie.

A contribuire alla storia delle sperimentazioni sulla PMA c’è anche un italiano, il biologo Lazzaro Spallanzani, che nel 1780 riuscì a applicare i suoi studi su una piccola cagnetta che dopo 62 giorni partorì tre cuccioli. Utilizzando le tecniche di Spallanzani, un medico francese iniziò la sperimentazione umana nel 1838. Tuttavia bisognerà attendere fino al 1978 per la prima fecondazione artificiale in vitro, messa in atto in Gran Bretagna dal biologo Robert Edwards, premio Nobel.

La fecondazione assistita è indicata per tutti quei casi in cui la sterilità non può essere attribuita a una causa specifica o quando esistono patologie specifiche dell’apparato riproduttivo o problemi ormonali. Fattori importanti, come evidenzia la letteratura scientifica, sono lo stile di vita, la ricerca di un figlio in età tardiva (l’età della donna è un elemento che incide molto sulla fertilità), l’uso di alcool, il fumo, l’obesità o l’eccessiva magrezza. La salute fisica sicuramente è un fattore rilevante, ma anche implicazioni emotive o psicosociali incidono fortemente.

Esploriamo ora quali sono i vari metodi utilizzati per la fecondazione assistita. Le tecniche utilizzate per la PMA sono suddivise in I, II e III livello a seconda della complessità e della necessità o meno di anestesia.

Quale si sceglie? Dipende dal quadro clinico della coppia. Si cerca di cominciare gradualmente, partendo con la tecnica con minore invasività sia dal punto di vista tecnico che psicologico. Tutte le tecniche prevedono inizialmente accertamenti clinici, esami del sangue ed ecografie che permettono di valutare il procedimento da usare.

L’inseminazione intrauterina o artificiale (IUI) è una tecnica di primo livello che prevede il rilascio del seme maschile direttamente nella cavità uterina, al momento dell’ovulazione. Tutto ciò favorisce l’incontro tra ovulo e spermatozoo: l’obiettivo è avere una fecondazione naturale all’interno dell’organismo femminile

Per le tecniche di secondo livello si parla di FIVET, ICSI e IMSI.

La FIVET o fecondazione in vitro ed embryo transfer è quella più comune. 

Questa tecnica viene utilizzata quando sono stati già falliti vari tentativi di IUI o quando esistono problemi più importanti, come disturbi dell’ovulazione, endometriosi, deficit della conta spermatica. Il procedimento consiste in una stimolazione ovarica della durata di 10-12 giorni, effettuata con l’uso di farmaci, a cui segue il prelievo degli ovociti maturi (pick-up) e infine l’incontro, all’interno di una provetta, di ovociti e spermatozoi.

Una volta avvenuta la fecondazione naturale al di fuori del corpo della donna, l’embrione viene lasciato crescere dai 3-5 giorni e poi inserito nell’utero.

Il prelievo degli ovociti si effettua in sala operatoria sotto sedazione, invece il transfer dell’embrione è molto veloce e indolore.

 L’ICSI o iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi si utilizza quando si ha un grave deficit sulla mobilità, quantità e qualità degli spermatozi e i precedenti tentativi di FIVET sono falliti. In questa tecnica si inietta un singolo spermatozoo direttamente nell’ovulo in provetta. Per il resto, il percorso terapeutico è uguale alla FIVET.

 La IMSI o iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi morfologicamente selezionati si effettua invece dopo aver selezionato gli spermatozoi migliori; aumentando le possibilità di successo della fecondazione assistita.

 Per le tecniche di terzo livello parliamo di TESA o TESE. Sono necessarie in caso di azoospermia e consistono nel recupero attraverso estrazione chirurgica o aspirazione. Gli spermatozoi recuperati in questo modo sono poi utilizzati nell’ambito del trattamento della fecondazione assistita. Le percentuali di successo con queste tecniche variano da circa 35% nel primo tentativo fino ad arrivare all’80% dopo tre cicli.

 Sono molti i farmaci utilizzati nella PMA. 

Esistono diversi protocolli, divisi in brevi e lunghi a seconda della storia clinica della paziente, dell’età e dell’obiettivo che si vuole raggiungere. Nei due protocolli i farmaci sono per lo più gli stessi, ma i dosaggi e i periodi di somministrazione sono diversi.

Nel protocollo lungo si inizia con la soppressione ovarica. I farmaci utilizzati ( leuprorelina, triptorelina, ganirelix) hanno la funzione di sopprimere i due ormoni (FSH e LH) che inducono l’ovaio a produrre gli ovuli. Dopo circa 10-15 giorni si effettua un controllo ecografico e un esame del sangue, per poter procedere alla stimolazione ovarica che servirà a produrre una crescita uniforme dei follicoli ovarici.

La stimolazione viene effettuata con farmaci sintetici a base di ormone follicolo stimolante. Questa fase dura circa 10-12 giorni e quando i follicoli indicano che gli ovuli sono maturi, viene somministrato l’ hCG che attiva definitivamente il follicolo.

 Nel protocollo corto i pazienti passano direttamente alla fase di stimolazione.

I farmaci utilizzati sono tantissimi e ogni coppia avrà trattamenti diversi: è molto difficile riuscire a sintetizzare la complessità delle varie procedure.

 Di solito la stimolazione ovarica risulta ben tollerata. 

Qualche lieve effetto può essere dovuto all’uso di ormoni: si possono presentare vampate, mal di testa, nausea, sbalzi d’umore, gonfiore. Solo nell’1% dei casi, si può sviluppare la sindrome da iperstimolazione ovarica, ma le varie strategie e controlli effettuati riescono praticamente sempre ad evitare questa complicazione rara.

 La PMA è un percorso difficile, con molte prove da superare. In primis troviamo la “variabile imprevista” dell’infertilità, poi i vari accertamenti, i farmaci e le procedure. 

Le coppie sono messe a dura prova: il primo passo è quello di rivolgersi a centri specializzati e, dove necessario, attivare anche un sostegno psicologico.

 Una frase molto bella utilizzata nei vari centri di PMA recita così:

 “NESSUNO HA DETTO CHE SAREBBE STATO FACILE, HANNO SOLO PROMESSO CHE NE SAREBBE VALSA LA PENA”