a cura di Michela Vuga per conto della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro
Il carcinoma polmonare è una neoplasia caratterizzata da uno dei maggiori tassi di letalità, poiché molto spesso viene diagnosticato quando è ormai in stadio avanzato. La priorità dei ricercatori è quindi riuscire a mettere a punto un test di screening per effettuare diagnosi sempre più precoci
Uno dei sistemi più efficaci per tentare di risolvere i problemi è cambiare il metodo di approccio. È quanto accaduto per il tumore del polmone: negli ultimi anni, infatti, la ricerca ha scelto di estendere il proprio raggio d’azione non soltanto alle cellule tumorali, ma anche al microambiente che le circonda e, dunque, a quell’insieme di molecole, cellule, tessuti e strutture che il cancro “corrompe e arruola” per favorire la propria crescita. “Abbiamo assistito a una sorta di rivoluzione copernicana che ha coinvolto la ricerca preclinica, traslazionale e clinica” afferma Gabriella Sozzi, che dirige la Struttura complessa epigenomica e biomarcatori dei tumori solidi all’Istituto nazionale dei tumori di Milano.
Il tumore polmonare è un sistema complesso: studiarlo nel suo insieme ha aperto la strada alla personalizzazione delle cure e, come conseguenza, oggi disponiamo di farmaci a bersaglio molecolare e immunoterapici, i due tipi di trattamenti che in anni recenti hanno rivoluzionato le terapie oncologiche. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per questo tumore resta però ancora bassa (pari al 16% negli uomini e al 23% nelle donne) ed è legata al ritardo con cui vengono effettuate le diagnosi: solo una percentuale limitata di neoplasie del polmone viene infatti individuata in una fase precoce, in cui è possibile intervenire chirurgicamente; molto più spesso, in 8 casi su 10, il cancro si scopre in uno stadio avanzato o metastatico, quando è inoperabile. In quest’ultimo caso è molto difficile che le altre terapie possano fare la differenza. “La nuova frontiera è la diagnosi precoce: gli studi fin qui condotti, compresi i nostri sostenuti da AIRC, mostrano chiaramente che, anticipando la diagnosi, si ottiene una riduzione nella mortalità del 40%” precisa Sozzi.
Le caratteristiche del tumore al polmone
Il tumore del polmone è la principale causa di morte per cancro nel mondo con quasi 1,8 milioni di decessi, che nella maggior parte dei casi sarebbero evitabili perché legati al fumo di tabacco. In Italia, nello specifico, su circa 43.000 nuove diagnosi annue di tumori polmonari circa l’85-90% è imputabile al fumo che -non dimentichiamo- è anche strettamente legato allo sviluppo di altri 17 tipi di cancro. Il tumore del polmone si distingue essenzialmente in due forme: quello non a piccole cellule (in sigla NSCLC, Non-Small Cell Lung Cancer), che rappresenta circa l’85% dei casi, e quello a piccole cellule, o microcitoma (in sigla SCLC, Small Cell Lung Cancer), in circa il 10-15% dei casi.
La svolta di immunoterapia e terapia a bersaglio molecolare
Una delle più importanti novità in ambito terapeutico è la dimostrazione dell’efficacia dell’immunoterapia non solo nella malattia avanzata, dove è già impiegata, ma anche in uno stadio precoce. “Gli studi rivelano che, in una fase iniziale della malattia, l’immunoterapia somministrata prima della chirurgia (cosiddetta neoadiuvante), anche associata alla chemioterapia, consente di incrementare sensibilmente la sopravvivenza. Ma c’è di più: dalle analisi effettuate sui tessuti rimossi con l’intervento chirurgico non emerge la presenza di cellule tumorali, e ciò significa che è stata raggiunta la risposta patologica completa. L’immunoterapia porta anche all’attivazione del sistema immunitario, che produce le cosiddette cellule-memoria in grado di riconoscere il tumore in caso di recidive o metastasi”. Nella cura del tumore polmonare ricoprono un ruolo decisivo anche i farmaci a bersaglio molecolare che, esattamente com’è accaduto nel caso dell’immunoterapia, vengono ora impiegati nella malattia precoce con l’obiettivo di ridurre il rischio di recidiva. In particolare, è importante ricordare gli anticorpi diretti contro le mutazioni del gene EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor, recettore del fattore di crescita epidermico), presente in circa il 20% dei tumori polmonari non a piccole cellule. Uno di questi anticorpi è osimertinib, un inibitore dell’attività tirosin-chinasi del gene EGFR. Il suo utilizzo in qualità di adiuvante, ovvero dopo la chirurgia, ha migliorato sensibilmente la sopravvivenza, confermando un tasso di sopravvivenza del 90% a cinque anni dalla diagnosi. Per utilizzare questi trattamenti è però fondamentale la caratterizzazione molecolare, che permette di stilare una carta d’identità del tumore evidenziandone le alterazioni genetiche.
Lo screening per la diagnosi precoce
Per salvare più vite possibili si punta alla diagnosi precoce e, in tal senso, il gruppo di Gabriella Sozzi ha offerto un contributo decisivo con lo studio bioMild. I risultati di questa indagine hanno dimostrato che l’associazione della TAC spirale toracica a basso dosaggio di radiazioni (LDCT) e del test dei microRNA nel sangue (che caratterizza alcuni biomarcatori di tumore polmonare) consente di identificare i soggetti con un rischio 30 volte superiore di ammalarsi. Il test è particolarmente utile per coloro che presentano piccoli noduli al polmone identificati con LDCT, ma dei quali solo una minima quota risulta maligna.
Implementare gli screening per la diagnosi precoce dei tumori è uno degli obiettivi prioritari del Piano europeo contro il cancro del 2021 e, in tale contesto, nel 2022 è partito il programma RISP (Rete italiana screening polmonare). Si tratta di un progetto pilota finanziato dal Ministero della salute che coinvolge 18 centri italiani, coordinati dall’Istituto nazionale dei tumori di Milano. RISP prevede il reclutamento di circa 10.000 forti fumatori o ex fumatori, che pertanto mostrano un rischio elevato di ammalarsi di cancro del polmone, per monitorarli periodicamente con LDCT e poter così scoprire la malattia quando questa si trova in una fase iniziale. Su tale base si spera, in un prossimo futuro, di estendere lo screening per la diagnosi precoce del tumore polmonare a tutta la popolazione che risponde a determinati criteri, aggiungendolo a quelli già offerti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale.
I fibroblasti che “preparano il terreno” al cancro
Tornando alle ricerche più promettenti, un filone molto interessante riguarda i fibroblasti, cellule stromali destinate a sostenere i tessuti, fornendo l’impalcatura, e a preservarne l’integrità, ma che il tumore riesce a corrompere per far loro assumere delle caratteristiche pro-tumorigeniche” spiega Sozzi. “Per interrompere l’interazione tumore-fibroblasti è strategico comprendere i meccanismi che la regolano. Uno studio pubblicato recentemente su Cancer Discovery ha individuato delle sottopopolazioni di fibroblasti che, essendo strutture di impalcatura, formano delle vere e proprie ‘barriere fisiche’, che impediscono il riconoscimento delle cellule tumorali da parte del sistema immunitario, più precisamente da parte dei linfociti T deputati a distruggerle”. Questi specifici fibroblasti costituiscono un nuovo bersaglio a cui mirare nell’intento di fermare il cancro. “Abbiamo studiato anche i fibroblasti polmonari sani, ottenuti dal tessuto normale, e abbiamo individuato alcune alterazioni che, di fatto, precedono l’insorgenza del tumore: queste rappresentano l’esito dell’esposizione ai cancerogeni del fumo in grado di modificare il microambiente stromale, ossia l’impalcatura del polmone. Tali alterazioni proprie dei fibroblasti sani inducono il microambiente stromale a creare una sorta di ‘nicchia pre-metastatica’, pronta ad accogliere le cellule tumorali e a farle crescere.” Un risultato che dovrebbe far riflettere i fumatori sulla catena di eventi a cui può dare il via anche una singola sigaretta.