Trombosi legata al cancro: quante ne sanno i pazienti?

A cura della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro

I pazienti con una diagnosi di tumore hanno una probabilità 4-5 volte più elevata di soffrire di trombosi rispetto alla popolazione generale. Eppure, soltanto una piccola percentuale, inferiore al 30%, è consapevole di tale statistica.

L’associazione tra tumore e trombosi è nota in medicina da oltre 150 anni, tanto che la si definisce anche sindrome di Trousseau”, spiega Anna Falanga, prima autrice dell’articolo, nonché professoressa di ematologia all’Università Bicocca di Milano e a capo del Dipartimento di immunoematologia e medicina trasfusionale e del Centro di trombosi ed emostasi all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Nonostante questo rischio sia quindi noto da tempo, è poco conosciuto tra chi soffre di tumore e, talvolta, scarsamente considerato anche dai medici. È solo recentemente, a seguito della pubblicazione dei risultati degli studi clinici, che si è cominciato a esaminare con più attenzione l’impiego dei farmaci antitrombotici nei pazienti oncologici.

Quali sono quindi i fattori di rischio che aumentano le probabilità di sviluppare un trombo e quanto sono noti ai pazienti e ai loro caregiver?

Senza dubbio l’inattività è associata a un rischio più alto di trombosi e questo è in qualche misura noto alla maggior parte delle persone. Altri fattori di rischio meno conosciuti sono una precedente trombosi, la chirurgia o la chemioterapia per il tumore, un tumore in stadio avanzato e la radioterapia.

“Non dimentichiamo poi che l’associazione con il rischio di trombosi varia anche a seconda del tipo di tumore” aggiunge Falanga, spiegando che il rischio è più alto per i pazienti affetti da tumori del cervello, del pancreas o dello stomaco, che sono però poco comuni.

Conoscere i segni della malattia rappresenta senza dubbio un primo passo fondamentale verso una diagnosi precoce. Eppure, non sempre i pazienti e i loro caregiver sono in grado di riconoscere i campanelli d’allarme della trombosi.

Tra i più noti si possono citare:

  •         gonfiore di gambe, caviglie o piedi;
  •         sensazione di calore e pesantezza alle gambe;
  •         rossore o cambiamenti di colore della pelle a livello di gambe o braccia;
  •         dolore o crampi, spesso al polpaccio.

“Una conseguenza della trombosi degli arti inferiori è l’embolia polmonare, che si verifica quando il trombo si rompe e un frammento arriva al polmone, ostruendo un vaso sanguigno”, dice Falanga. Attenzione, quindi, anche a fiato corto, dolore al petto e battiti irregolari, che potrebbero essere segni della presenza di embolia.

Sebbene in caso di trombosi sia possibile intervenire con farmaci mirati in grado di  sciogliere i coaguli, la strategia migliore rimane, anche in questo caso, quella di operare una corretta prevenzione.

Ecco alcune delle azioni più efficaci per prevenire la trombosi o comunque ridurre il rischio di svilupparla:

  • praticare attività fisica,  passeggiare o correre;
  • mantenere un buon livello di idratazione;
  • indossare calze compressive;
  • smettere di fumare;
  • fare stretching degli arti inferiori;
  • muovere i piedi.

In caso di qualsiasi dubbio, è bene comunque  rivolgersi al proprio oncologo o al medico di famiglia. 

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