Infarto, i minuti contano!

di Rosalinda Leo

Se si sospetta di avere un infarto in atto o ci si trova di fronte a qualcuno che ne manifesta i sintomi occorre agire immediatamente: ogni minuto che passa può aggravare la situazione, quindi è necessario l’intervento medico nel più breve tempo possibile.

Cosa fare?

  1. Chiamare il numero unico delle emergenze 112; 
  2. Raggiungere l’ospedale tramite ambulanza, non con i propri mezzi.

Ogni anno circa 17 milioni di persone nel mondo muoiono per infarto ma una buona parte di queste potrebbe salvarsi grazie a un intervento tempestivo. 

Come  riconoscere un infarto?

SINTOMI

Il sintomo più frequente è il dolore al petto, ma può variare da paziente a paziente. La maggior parte riferisce di avvertire un peso, una morsa che stringe il petto e la gola e si irradia fino al collo, al braccio sinistro e alla mandibola; talvolta, invece, il dolore può essere sfumato, meno intenso, al punto che i pazienti non chiamano l’emergenza e rimangono a casa, ritardando le cure. Altri sintomi, infine, possono essere stanchezza, nausea, sudorazione fredda, difficoltà respiratorie, malessere generale. 

Cos’è l’infarto del miocardio? 

Il nome è composto dal termine mio, dal greco μύς, muscolo, e cardio, dal greco καρδία, cuore, mentre “infarto” significa morte del tessuto. L’infarto è dovuto alla riduzione o all’improvvisa interruzione di apporto di sangue, che causa la morte (necrosi) del tessuto muscolare cardiaco. Ciò si verifica quando uno dei “tubicini” deputati all’irrorazione del cuore, cioè le arterie coronarie, si ostruisce. In seguito alla rottura delle placche aterosclerotiche che si depositano sulle pareti delle arterie, si possono formare coaguli o trombi che bloccano il passaggio del sangue.

Esiste, inoltre, un raro e particolare tipo di infarto, definito da stress, che si manifesta dopo un intenso sforzo emotivo e colpisce prevalentemente le donne. In questo caso le coronarie non hanno subito restringimenti e occlusioni, quindi il cuore potrà riprendere la sua normale attività dopo qualche giorno. Tale condizione prende il nome di Sindrome di Takotsubo poiché, osservandolo attraverso l’ecocardio, il cuore appare come un cestello che viene utilizzato dai pescatori in Giappone.

L’angina pectoris, invece, si manifesta con un dolore transitorio al torace indotto dallo sforzo fisico, che non provoca danni irreversibili al cuore; si tratta una situazione cronica causata da un’ostruzione parziale delle coronarie, che si sviluppa lentamente negli anni. L’infarto, al contrario dell’angina pectoris, è acuto, avviene in tempo breve ed è dovuto all’ostruzione completa del vaso. 

FATTORI DI RISCHIO

I fattori di rischio coincidono con le cause che fanno ammalare le nostre arterie:  alcuni non sono modificabili, come l’età (il rischio aumenta con il passare degli anni), il sesso (è maggiore nel genere maschile), la familiarità; altri dipendono invece dallo stile di vita, come sedentarietà, fumo, dieta troppo ricca di grassi e colesterolo, ’obesità, ipertensione arteriosa, diabete e droghe. 

DIAGNOSI 

Non esistono al momento esami in grado di prevedere il rischio di infarto, se non una rapida diagnosi. I principali test che si possono eseguire per diagnosticare l’infarto sono:

 – l’elettrocardiogramma (ECG) che mette in evidenza i cambiamenti del ritmo cardiaco attraverso l’aspetto delle onde elettriche;

 – specifiche analisi del sangue, come il test della troponina,che misura la concentrazione di proteine rilasciate dal muscolo cardiaco;

– coronarografia che, attraverso l’introduzione di un catetere all’interno di un’arteria del polso o della gamba, raggiunge il cuore; grazie a un mezzo di contrasto e ai raggi X, il cardiologo emodinamista riesce a individuare l’arteria occlusa, responsabile dell’infarto, e ad “allargarla” con un palloncino, in grado di schiacciare le componenti del coagulo lungo le pareti della coronaria. Viene quindi posizionata una retina (stent) per evitare che l’arteria si richiuda. Se la malattia delle coronarie è così grave da non poter essere risolta con l’angioplastica, è necessario  ricorrere al bypass: il cardiochirurgo, utilizzando una sezione della safena dalla gamba o un’arteria dal torace del paziente (mammaria), crea una nuova via affinché il sangue ben ossigenato raggiunga comunque il cuore. Si tratta di intervento molto invasivo e con lunghi tempi di recupero per il paziente.

TERAPIA

Il paziente che ha subito un infarto necessita di farmaci per prevenire  l’aterosclerosi ed evitare un altro episodio di infarto. Il farmaco principale è la cardioaspirina, da assumere per tutta la vita, in associazione a un altro antiaggregante per  circa sei mesi/un anno. Farmaci antipertensivi e per ridurre il colesterolo completano la cura. 

Oltre alla terapia farmacologica, occorre modificare lo stile di vita e abbandonare le abitudini scorrette, per esempio il fumo. In alcuni casi può essere necessaria una riabilitazione cardiologica per ripristinare la forma fisica. 

DOPO L’INFARTO 

Nella maggior parte dei casi, dopo un infarto è possibile tornare alla vita di prima. Emozioni come paura, rabbia e depressione sono comuni, tuttavia con l’aiuto degli specialisti e della propria famiglia è fondamentale cercare di  avere un atteggiamento positivo e soprattutto… mai abbattersi!